La Consacrazione Episcopale Durante gli Interregni
di S.E. Mons. Mark A. Pivarunas, CMRI
Nostra Signora della Mercede
24 settembre 1996
Carissimi beneamati in Cristo,
Sono passati cinque anni da quando Sua Eccellenza il compianto Mons. Moises Carmona, mi conferì la consacrazione episcopale come mezzo per aiutare a preservare la nostra preziosa Fede Cattolica in questi tempi di eresia ed apostasia.
Per quanto bene accolte siano state tra la maggioranza dei fedeli le consacrazioni di vescovi cattolici tradizionali, ci sono anche stati alcuni che metterebbero in dubbio la legittimità di queste consacrazioni sulla base del fatto che la stretta lettera dela legge proibisce ad un vescovo di consacrare un altro vescovo senza mandato papale.
E’ assai importante che i fedeli cattolici comprendano i principi teologici implicati in queste materie, in modo da poter rispondere a coloro che rigettassero la S. Messa ed i Sacramenti offerti da questi vescovi e dai preti da essi ordinati.
In questa lettera pastorale, rivedremo brevemente questo argomento ed esamineremo le seguenti considerazioni ad esso pertinenti:
- l precedente storico della consacrazione di vescovi senza mandato papale durante il lungo interregno (tempo fra la morte di un Papa e l’elezione di un altro) tra i regni di Papa Clemente IV e Papa Gregorio X;
- la definizione di legge, la natura della legge, e la intrinseca cessazione della legge;
- la subordinazione delle leggi inferiori alle esigenze delle leggi superiori.
Prima di intraprendere ciascuna di queste considerazioni, è anzitutto necessario stabilire che vi è al presente, e si è verificata a partire dal Concilio Vaticano II, una gravissima crisi nella Chiesa Cattolica. Dove un tempo veniva offerto il Santo Sacrificio della Messa nelle chiese cattoliche di tutto il mondo, ora al suo posto c’è la Nuova Messa (il Novus Ordo Missae) che non rappresenta un sacrificio propiziatorio (soddisfazione per i peccati) ma un memoriale protestante dell’Ultima Cena. In tale Nuova Messa, le precise parole di Cristo della forma sacramentale della SS. Eucarestia sono state sostanzialmente alterate, ciò che, secondo il Decreto De Defectibus di Papa S. Pio V “rende nulla la consacrazione.”
Fin dall’avvento del Concilio Vaticano II, le false dottrine dell’ecumenismo e dell’indifferentismo religioso (che sono state condannate da molti Papi e concilii, specialmente da Papa Pio IX), dove si dà apprezzamento ufficiale non solo alle sette non-cattoliche (Luteranesimo, Anglicanesimo, Ortodossia scismatica), ma anche alle religioni non-cristiane (Buddismo, Induismo, Islamismo, Giudaismo), per menzionarne solo alcuni, sono state promulgate dall’autorità docente universale ordinaria della moderna gerarchia sotto Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ora, la moderna gerarchia accetta queste altre religioni, incoraggia i loro membri a pregare i loro dei, e cerca di promuovere il “bene” in queste religioni.
Come si possono conciliare gli insegnamenti infallibili del Magistero (autorità di insegnamento del Papa e dei vescovi) della Chiesa Cattolica prima del Concilio Vaticano II (1962-1965) con gli errori che sono stati emanati da tale medesimo Concilio e che hanno continuato a venire promulgati dalla moderna gerarchia nel corso degli ultimi trent’anni?
La corrispondente conclusione, l’unica conclusione a cui possiamo pervenire, è che la moderna gerarchia della Chiesa post-conciliare del Vaticano II non può rappresentare e non rappresenta il Magistero della Chiesa Cattolica, poichè N. S. Gesù Cristo promise di essere con gli Apostoli e i loro successori “tutti i giorni fino alla consumazione del mondo”. Ai Suoi Apostoli e ai loro successori, Nostro Signore promise l’assistenza dello Spirito Santo, lo Spirito di Verità, che avrebbe “dimorato con loro per sempre”.
Dagli insegnamenti del Concilio Vaticano I (1870), sappiamo che la Chiesa Cattolica è infallibile non solo nei suoi solenni decreti (l’insegnamento del Papa ex cathedra; i decreti dei concilii ecumenici) ma anche nei suoi insegnamenti ordinari universali:
“Inoltre, per fede divina e cattolica, si deve credere ogni cosa contenuta nella parola scritta di Dio o nella tradizione che venga proposta dalla Chiesa come oggetto di fede divinamente rivelata, sia in un decreto solenne, sia nel suo insegnamento ordinario universale.”
Pensare altrimenti sarebbe implicare che Cristo ha abbandonato la Chiesa e che lo Spirito Santo, lo Spirito di Verità che dimora con gli Apostoli e i loro successori, ha abbandonato la Chiesa lasciandola cadere in tali manifesti errori.
In queste circostanze senza precedenti, dobbiamo considerare la posizione dei veri vescovi cattolici. Di fronte alla Grande Apostasia predetta da S. Paolo nella seconda epistola ai Tessalonicesi, che cosa avrebbero dovuto fare? Avrebbero forse dovuto non far nulla?
Gli oppositori della consacrazione di vescovi dei nostri tempi risponderebbero affermativamente. Pertanto, alla morte di quei vescovi cattolici tradizionali che restarono fedeli alla vera Fede, non ci sarebbero vescovi rimasti a succedere loro. E senza vescovi, non ci sarebbero eventualmente più preti, non più Messa, e non più Sacramenti.
Tuttavia, il Nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo promise agli Apostoli e ai loro successori che Egli sarebbe stato “con loro tutti i giorni fino alla consumazione del mondo” (Matt. 28:20). A questo riguardo il Concilio Vaticano I insegnò:
“Perciò, così come Egli (N.S. Gesù Cristo) inviò gli Apostoli, che aveva scelto per Se fuori dal mondo come Egli stesso fu inviato dal Padre (Giov. 20:21), così anche volle che nella Sua Chiesa vi fossero pastori e maestri fino alla consumazione del mondo” (Matt. 28:20).
Allo scopo di preservare la Fede Cattolica, il Santo Sacerdozio ed il Santo Sacrificio della Messa, questi vescovi presero appropriate misure per garantire la promessa di Cristo “che vi sarebbero stati pastori e maestri nella Sua Chiesa fino alla consumazione del mondo.”
Queste misure vennero prese senza alcuna intenzione di negare il primato di giurisdizione del Romano Pontefice, la suprema autorità del Papa. Infatti questi vescovi e i preti che essi hanno consacrato professano con tutto il cuore la Fede Cattolica, che include la dottrina concernente il primato di giurisdizione e l’infallibilità del Romano Pontefice. In quelle circostanze, l’officio papale che durerà fino alla fine del tempo era vacante. Perciò, c’era una impossibilità di ottenere un mandato papale per autorizzare le consacrazioni episcopali.
Questo ci porta a considerare il precedente che si trova nella storia ecclesiastica della consacrazione di vescovi durante il tempo di interregno (la vacanza della Sede Apostolica).
Il seguente è un estratto da “Il Nuovo Osservatore Cattolico” del Dr. Stefano Filiberto, laureato in Storia Ecclesiastica:
“Il 29 novembre 1268 Papa Clemente IV morì e cominciò allora uno dei più lunghi periodi di interregno o vacanza dell’officio papale nella storia della Chiesa Cattolica. I cardinali a quel tempo dovevano radunarsi in conclave nella città di Viterbo, ma a causa degli intrighi di Carlo d’Angiò, Re di Napoli, si seminò la discordia tra i membri del Sacro Collegio e la prospettiva di un’elezione divenne sempre più remota.
“Dopo oltre tre anni, il podestà di Viterbo rinchiuse i cardinali in un palazzo, fornendo loro soltanto le razioni di vitto strettamente necessarie per vivere, finchè non avessero preso una decisione che desse alla Chiesa il suo Capo visibile. Alla fine, il 1º settembre 1271, Papa Gregorio X fu eletto alla Cattedra di Pietro.
“Durante questo lungo periodo di vacanza della Sede Apostolica, si verificarono anche vacanze in molte diocesi attraverso il mondo. Per far sì che preti e fedeli non fossero lasciati senza pastori, vennero eletti e consacrati dei vescovi a riempire le sedi vacanti. In questo periodo di tempo furono compiute ventuno elezioni e consacrazioni documentate, in varie nazioni. Il più importante aspetto di questo precedente storico è che tutte queste consacrazioni di vescovi furono ratificate da Papa Gregorio X, che di conseguenza affermò la legittimità di tali consacrazioni.”
Ecco alcuni esempi dei vescovi così consacrati al tempo della vacanza della Sede Apostolica:
- Ad Avranches, Francia, Radulfus de Thieville, consacrato nel novembre 1269;
- Ad Aleria, Corsica (Francia), Nicolaus Forteguerra, consacrato nel 1270;
- Ad Antivari, Epiro (Grecia nordoccidentale), Caspar Adam, O.P., consacrato nel 1270;
- Ad Auxerre, Francia, Erardus de Lesinnes, consacrato nel gennaio del 1271;
- A Cagli, Italia, Jacobus, consacrato l’8 settembre 1270;
- A Le Mans, Francia, Geoffridus d’Asse, consacrato nel 1270;
- A Cefalù, Sicilia (Italia), Petrus Taurs, consacrato nel 1269;
- A Cervia, Italia, Theodoricus Borgognoni, O.P., consacrato nel 1270.
A questo punto, coloro che si oppongono alla consacrazione di vescovi cattolici tradizionali al tempo nostro potrebbero argomentare che il precedente storico citato è di 700 anni fa e che Papa Pio XII, in vista delle illecite consacrazioni di vescovi della scismatica Chiesa Nazionale Cinese, decretò che qualsiasi consacrazione d’un vescovo effettuata senza mandato papale comportasse la pena della scomunica ipso facto per il consacratore ed il consacrato.
Per rispondere a questa obiezione, è necessario capire la natura della legge. Infatti è precisamente a causa della mancanza di una chiara comprensione dei principi della legge che molti cattolici tradizionali cadono in errore. S. Tommaso d’Aquino definisce la legge come un ordinamento della retta ragione fatto per il bene comune e promulgato da chi ha autorità nella società della quale si tratta. Notiamo “fatto per il bene comune”. Al tempo di Papa Pio XII, nessun vescovo avrebbe potuto lecitamente consacrare un altro vescovo senza mandato papale, e questo per il bene comune della Chiesa. Tuttavia, una legge può, nel corso del tempo, e per un radicale cambiamento delle circostanze, cessare di essere per il bene comune e come tale, cessare di essere obbligante. Una legge può cessare in due modi: per cessazione estrinseca (il legislatore abroga la legge) e per cessazione intrinseca (la legge cessa di essere una legge, poichè ha cessato di essere per il bene comune).
Come spiega nel suo commentario l’Arcivescovo Mons. Amleto Giovanni Cicognani, Professore di Diritto Canonico al Pontificio Istituto di Diritto Canonico e Civile in Roma:
“Una legge cessa intrinsecamente quando cessa il suo scopo; la legge cessa da se stessa... la legge cessa estrinsecamente quando è revocata dal Superiore.
“Riguardo al primo modo: il fine (sia del suo scopo, sia la causa) della legge cessa propriamente quando cessano tutti i suoi scopi. Viceversa, lo scopo della legge cessa allorchè una legge che fa danno diviene iniqua o impossibile da osservare.”
Pertanto, al nostro tempo, la stretta osservanza del decreto di Papa Pio XII sulla proibizione della consacrazione di vescovi senza mandato papale diverrebbe nociva alla salvezza delle anime. Senza vescovi, non ci sarebbero eventualmente più preti, non più Messa e non più Sacramenti.
Era questa l’intenzione del legislatore, Papa Pio XII? Avrebbe voluto che il suo decreto venisse così restrittivamente interpretato da produrre eventualmente la fine della successione apostolica? Ovviamente no.
Riguardo ad un altro aspetto della legge, Mons. Cicognani ha spiegato — ancora una volta, nel suo Commentario al Diritto Canonico — la natura dell’epikeia:
“Un legislatore umano non è mai in grado di prevedere tutti i casi individuali ai quali la sua legge verrà applicata. Di conseguenza una legge, sebbene giusta in generale, può, se presa letteralmente, dar luogo in alcune circostanze impreviste a risultati che non sono in accordo nè con l’intento del legislatore, nè con la giustizia naturale, ma piuttosto ad essi contravvengono. In tali casi, la legge dev’essere spiegata non secondo il senso letterale, ma secondo l’intento del legislatore.”
I seguenti autori ci forniscono definizioni addizionali per questo aspetto della legge — l’epikeia:
Bouscaren ed Ellis: Canon Law [Diritto Canonico], 1953:
“Una interpretazione che esenta qualcuno dalla legge, contraria alle precise parole della legge, e in accordo con la mente del legislatore.”
Prummer: Moral Theology [Teologia Morale], 1955:
“Una interpretazione favorevole e giusta non della legge stessa ma della mente del legislatore, che si presume non voglia obbligare i suoi soggetti in casi straordinari dove l’osservanza di tale legge causerebbe danno o imporrebbe un gravame troppo severo.”
Besson: Catholic Encyclopedia [Enciclopedia Cattolica], 1909:
“Una interpretazione favorevole dello scopo del legislatore, la quale suppone che egli non intendesse includere un caso particolare nello scopo della sua legge.”
Jone and Adelman: Moral Theology [Teologia Morale], 1951:
“Il ragionevole prendere per certo che il legislatore non avrebbe voluto obbligare in alcuni casi particolarmente difficili, anche se il caso è ovviamente coperto dalla lettera della legge.”
Un ’ultima considerazione circa questa materia del decreto di Papa Pio XII si trova nella parola stessa di legge (in latino jus). Essa deriva dalle parole latine justitia (giustizia) e justum justum (giusto), perchè tutte le leggi sono intese esser buone, eque e giuste. Questa è proprio la caratteristica della legge. E di tutte le leggi, la legge suprema è la salvezza delle anime, “ “salus animarum, suprema lex.”
Papa Pio XII affermò nel suo indirizzo agli studenti ecclesiastici di Roma il 24 giugno 1939:
“Il Diritto Canonico similmente è diretto alla salvezza delle anime; e lo scopo di tutti i suoi regolamenti e leggi è che gli uomini possano vivere e morire nella santità data loro dalla grazia di Dio.”
Al fine di sopravvivere spiritualmente oggi, abbiamo bisogno delle grazie del Santo Sacrificio della Messa e dei Sacramenti. Ma per averli, abbiamo bisogno di sacerdoti, e per avere i sacerdoti, dobbiamo avere dei vescovi.
Ringraziamo Iddio Onnipotente, che nella Sua Provvidenza, ha previsto le necessità spirituali del Suo gregge ed ha fornito maestri e pastori per condurre la missione della Chiesa “di insegnare a tutte le nazioni ogni cosa che Egli ha comandato.”
In Christo Jesu et Maria Immaculata,
+ Mark A. Pivarunas, CMRI