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Invalidità del Novus Ordo Missae

Una replica alla difesa del Novus Ordo fatta dal P. William Most

* Questo articolo è apparso in origine sul n. 29, autunno 1977, di The Reign of Mary. Di recente è stato ristampato in un numero speciale commemorativo (n.100) dello stesso periodico, insieme a parecchi altri degli articoli più significativi delle ultime tre decadi.


Si chiese all’ editore di rispondere e commentare una serie di articoli scritti dal P. William Most S.J. a difesa del Novus Ordo Missae dalle relative obiezioni. Ci siamo presi la libertà di pubblicare porzioni della risposta in questo numero, poiché potrebbe servire bene anche per rispondere alle domande di molti che hanno dubbi al riguardo. Il P. Most, vedete, pone come premessa maggiore ai suoi argomenti (e lo ripete molte volte) l’assunzione che l’Autorità Docente della Chiesa ha deciso che il Novus Ordo è una Messa valida; dato che dobbiamo obbedire alla Chiesa, conclude che dobbiamo accettare il Novus Ordo. Tutti gli argomenti che aggiunge sono meramente, per sua stessa ammissione, dei rafforzativi di tale affermazione e sono inconcludenti in se stessi. Ovviamente, i suoi argomenti sono decisamente forti contro gli pseudo-conservatori che accettano l’autorità di Paolo VI e dei vescovi eretici che non hanno alcuna qualsivoglia autorità. In questa pubblicazione, ed in altre della nostra lista di libri, abbiamo mostrato in modo conclusivo che Montini era ineligibile al Papato a motivo delle sue precedenti eresie e della collaborazione con i governi comunisti. Tutto ciò che ci resta da compiere è quindi di refutare gli argomenti sostenuti dal P. Most e, nel far questo, trarre alcune importanti prove dell’invalidità del Novus Ordo.

Le parole della Consacrazione: che cosa è essenziale?

Il P. Most dice che dal momento che le parole “per molti” vengono omesse nei racconti dell’Ultima Cena dati nel Vangelo di S.Luca e nella Prima Epistola di S.Paolo ai Corinzi, e mancano anche negli scritti di alcuni antichi Padri della Chiesa sulla Messa, tali parole non devono essere ritenute essenziali entro le parole della Consacrazione (la forma del Sacramento della SS.Eucarestia). Di fatti, nessuno dei Vangeli, delle Epistole, o degli scritti citati dal P. Most afferma alcuna intenzione di dare le precise parole della Consacrazione (sebbene il fatto che S. Matteo e S. Marco abbiano le parole “per molti” provi definitivamente che Nostro Signore le abbia pronunciate davvero).

Ciò che realmente importa, piuttosto, è l’insegnamento della Chiesa sulle forme dei Sacramenti. Detto molto semplicemente, la Chiesa insegna che sia la materia che la forma di ogni Sacramento devono significare ciò che il Sacramento effettua. Questa dottrina è spiegata ed applicata praticamente nella Bolla di Papa Leone XIII, Apostolicae Curae (sulla invalidità delle ordinazioni anglicane):

“Tutti sanno che i sacramenti della Nuova Legge, come segni sensibili ed efficaci della grazia invisibile, debbono sia significare la grazia che effettuano, sia effettuare la grazia che significano. Sebbene la significazione debba esser trovata nell’intero rito essenziale — vale a dire, nella materia e nella forma — essa compete ancora principalmente alla forma... le parole che fino a poco fa erano comunemente ritenute dagli anglicani costituire la corretta forma dell’Ordinazione dei sacerdoti — cioè, ‘Ricevi lo Spirito Santo,’ certamente come minimo non esprimono definitamente il Sacro Ordine del Presbiterato, né la sua grazia e potere... Tale forma per conseguenza non può essere considerata atta o sufficiente per il sacramento, dato che omette ciò che deve essenzialmente significare.”

In realtà, la materia fu stabilita molto tempo fa, quando la Chiesa definì nel Decreto sui Giacobiti (che citeremo più avanti) e nel Decreto De Defectibus, che la forma della SS.Eucarestia è la forma completa come data nel Missale Romanum. Riguardo alla forma esso stabilisce:

“Possono insorgere difetti rispetto alla forma, se una cosa qualsiasi pretenda di completare le attuali parole della consacrazione. Le parole della consacrazione, che sono il principio formativo di questo Sacramento, sono le seguenti: ‘Questo è infatti il Mio Corpo,’ [Hoc est enim Corpus Meum] e ‘Questo è infatti il Calice del Mio Sangue, del Nuovo ed Eterno Testamento; Mistero della Fede, che sarà effuso per voi e per molti in remissione dei peccati.’ [Hic est enim Calix Sanguinis Mei, Novi et Aeterni Testamenti; Mysterium Fidei, qui pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum]. Se una qualunque omissione o alterazione è compiuta nella formula di consacrazione del Corpo e del Sangue, che implichi un cambiamento di significato, la consacrazione è invalida. Una addizione effettuata senza alterare il significato non invalida la consacrazione, ma il celebrante commette un grave peccato.”

Pertanto, omettere la parola “infatti” (enim) non implica un cambiamento di significato, ma questo non è il caso per le altre parole, e specialmente, “che sarà effuso per voi e per molti in remissione dei peccati.” Infatti queste parole chiaramente significano la grazia che viene conferita. Al contrario, le parole, “Questo è infatti il Calice del Mio Sangue,” prese da sole, non significano il conferimento della grazia del Sacramento.

“Molti” rispetto a “Tutti”

Ciò che è realmente in questione riguardo al Novus Ordo è se il cambiamento da “per molti” a “per tutti” [“per tutti gli uomini” nella versione inglese, N.d.R.] implichi un cambiamento di significato oppure no. Il P. Most dice di no. Il suo ragionamento è che la parola greca “polloi,” usata dagli Evangelisti nei racconti dell’Ultima Cena (che significa “per molti”), è usata in altre parti della Scrittura a significare “tutti di un grande gruppo” (ovvero “tutti che sono molti,” come la mette il P. Most); perciò, tradurla con “per tutti” sarebbe realmente lo stesso che “per molti.”

Ma, se esaminiamo l’uso attuale nel Novus Ordo, troviamo: “per tutti gli uomini” [for all men] in inglese. Non troviamo la frase “per tutti che sono molti,” ma il “per tutti gli uomini” [ovvero il “per tutti” della versione italiana, N.d.R.]. Ora, non esiste alcun possibile stiramento dell’immaginazione che possa fare in modo che “per tutti gli uomini” significhi lo stesso che “per molti” o anche “per tutti che sono molti.” Le ultime due frasi si riferiscono ai membri di un vasto gruppo esclusivo; “per tutti gli uomini” [il “per tutti” italiano] non è esclusivo di nessuno. Ma “Per tutti gli uomini” [il “per tutti” italiano] è la traduzione ufficiale della Chiesa del Vaticano II.

Il Catechismo del Concilio di Trento spiega perché si deve usare “per molti,” cioè, il gruppo esclusivo:

“Guardando all’efficacia della Passione, crediamo che il Redentore ha sparso il Suo Sangue per la salvezza di tutti gli uomini; ma guardando ai vantaggi che il genere umano deriva dalla sua efficacia, troviamo innanzitutto che non sono estesi alla totalità, ma solo ad una ampia porzione della razza umana... Con grande proprietà, perciò, le parole, ‘per tutti’ non vennero usate, perché qui (nel Sacramento della SS. Eucarestia) si tratta soltanto del frutto della Passione, e solo agli eletti la Sua Passione portò il frutto della salvezza.”

Quindi, i “molti“ sono quelli che attualmente ricevono il frutto della SS. Eucarestia e la S.Messa; poiché la S.Messa è il rinnovamento incruento del Sacrificio di Cristo sul Calvario. (Rimandiamo il lettore all’articolo, Res Sacramenti, di Patrick Henry Omlor).

Diviene così più che mai ovvio che “per tutti“ [“per tutti gli uomini” nella versione inglese] non ha relazione con l’effetto del Sacramento; non tutte le anime ricevono infatti il frutto della Passione. Ed ecco qui una chiara illustrazione da un altro Sacramento: se un prete, nel battezzare un bambino, dicesse “Io battezzo tutti gli uomini, nel Nome del Padre, ecc.,” anche se avesse la retta intenzione, il Battesimo sarebbe valido? Certamente no, e il P. Most sarebbe il primo a dirlo. Questo punto allora dovrebbe risultare ovvio: nel Novus Ordo, le parole “per tutti” non significano quelle mediante le quali la SS.Eucarestia effettua la grazia; dunque, non fosse che per questo solo difetto esso è invalido.

S. Pio V volle davvero significare “In perpetuo”?

Il P. Most insiste col suo terzo argomento principale che la Bolla Quo Primum, di Papa S. Pio V, è mera legislazione ecclesiastica, e quindi soggetta a cambiamento da parte dei Papi successivi. Si deve affermare che, in base alla definizione di infallibilità papale, un Papa insegna infallibilmente su materie “concernenti” la fede o la morale, ecc. Ebbene, la Quo Primum fu emanata per promulgare perpetuamente il Messale Romano e l’Ordinario della Messa; e questo, per salvaguardare le dottrine contenute nella S. Messa. S. Pio V vide che Lutero aveva distrutto la Messa col cambiare le dottrine ivi contenute. Allo scopo di perpetuare la validità della Messa, emanò questo perpetuo decreto. Certamente, allora, concerne la fede, e deve essere accettato come esente da errore. Tutto l’arrampicarsi del P. Most circa le formule di definizione è privo di significato. Questo documento è essenzialmente dottrinale, poiché il Canone della Messa contiene il cuore della dottrina cattolica. Perciò, questo documento certamente non può in alcun modo essere assimilato alle leggi ordinarie della Chiesa, come quelle sul digiuno, ecc. S. Pio V rende ben chiaro che questo è un decreto solenne, perpetuo:

“...Con la presente Nostra Costituzione, da tenersi in perpetuo, … stabiliamo e comandiamo sotto pena della Nostra indignazione che a questo Nostro Messale recentemente pubblicato giammai, in alcun tempo, nulla possa essere aggiunto, sottratto o cambiato (nell’Ordinario della Messa)....[§ VI]

“Anzi, in virtù dell’Autorità Apostolica, Noi concediamo a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l’indulto perpetuo di poter seguire, nella Messa cantata o recitata, in qualunque chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui avranno piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente, così che non siano tenuti a celebrare la Messa in maniera differente da quella che abbiamo prescritto, né d’altra parte possano venir costretti e spinti da alcuno a cambiare questo Messale. [§ VII]

“...Similmente decretiamo e dichiariamo che le presenti Lettere in nessun tempo potranno venir revocate o diminuite, ma stabili sempre e valide dovranno perseverare in tutto il loro vigore.... [§ VIII]

“Nessuno dunque, e in nessun modo, si permetta con temerario ardimento di violare e trasgredire questo Nostro documento, facoltà, statuto, ordinamento, mandato, precetto, concessione, indulto, dichiarazione, volontà, decreto e inibizione. Che se qualcuno avrà l’audacia di attentarvi, sappia che incorrerà nell’indignazione di Dio Onnipotente e dei suoi beati Apostoli Pietro e Paolo. [§ XII]”

Se questo non è abbastanza solenne per il P. Most, non sapremmo come altro si potrebbe chiamare.

S. Pio V, intese dunque realmente significare “in perpetuo”? Se il lettore crede che quando il Papa parla infallibilmente, è Cristo che parla attraverso di lui, è ovvio che S. Pio V intendeva ciò che disse

L’Intenzione del Celebrante: di Offrire un Sacrificio

A nostro pensiero, la più feroce evidenza contro il Novus Ordo è la sua definizione ufficiale: “La cena del Signore o messa è la sacra sinassi o assemblea del popolo di Dio, presieduta dal sacerdote, per celebrare il memoriale del Signore (Institutio Generalis, n. 7, c. 2: De Structura Missae, a seguito della Constitutio Apostolica del 3 gennaio 1969).”

Il P. Most pretende di poterci mostrare i riferimenti al sacrificio nel Novus Ordo, per pochi che possano essere. Ma nel Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae (presentato dal Cardinal Ottaviani a Paolo VI come protesta contro la Nuova Messa), si chiede: “A quale sacrificio si riferisce? Chi è l’offerente?” Nessuna risposta vien data ad entrambi le domande.

Esaminiamo questi pochi riferimenti alle “Preghiere Eucaristiche.” Nella Preghiera I (chiamata il “canone romano” perché è la meno eretica), ci sono una mezza dozzina di riferimenti a un sacrificio di qualche sorta. Ma che sorta di sacrificio? È un sacrificio di propiziazione per i peccati, quale dev’essere la vera Messa? Certamente no; non si fa alcuna menzione della remissione dei peccati. Nella Preghiera Eucaristica II c’è solo: “...ti offriamo, Padre, questo pane che dà la vita, questo calice della salvezza.” Nella Preghiera Eucaristica III, che suona come una funzione battista, “l’offerta” ci ha già “riconciliati” col Padre. Ha già “fatto pace” con Dio. Questo sarebbe un sacrificio di propiziazione? Non lo è affatto; si tratta di un “raduno di salvezza” protestante. La Preghiera Eucaristica IV è anche peggio; qui il “sacrificio” porta “la salvezza a tutto il mondo” (a “tutti gli uomini”).

Se un prete intende offrire un “memoriale” invece di un sacrificio di propiziazione, la sua intenzione è invalida. Nella Apostolicae Curae, Papa Leone XIII insegnò:

“...se il rito [in questo caso, della Messa e SS. Eucarestia] viene modificato, con la manifesta intenzione di introdurre un altro rito non approvato dalla Chiesa e di rigettare ciò che la Chiesa fa, e ciò che per istituzione di Cristo appartiene alla natura del Sacramento, allora è chiaro che non solo la necessaria intenzione manca al sacramento, ma che l’intenzione è avversa e distruttiva del Sacramento.”

Papa Eugenio IV

Il P. Most afferma che Papa Eugenio IV “ordinò di inserire le parole ‘pro multis’ in quelle della consacrazione.” Egli argomenta che prima di allora devono essere state frequentemente omesse, e si chiede “Forse che Cristo abbandonò così la Sua Chiesa da lasciare che molte Messe fossero invalide prima del XV secolo e di Papa Eugenio?” Questo è un abile sofisma. Infatti Eugenio IV non ordinò di inserire queste parole nella S.Messa cattolica, ma piuttosto emanò questi decreti in unione col Concilio di Firenze, contro gli scismatici greci, armeni e giacobiti. Questi decreti (particolarmente quello per i giacobiti) richiedono che si interroghino tali scismatici riguardo alla loro ortodossia in un certo numero di aree dottrinali prima che possano venire riconciliati con la vera Chiesa. Di fatti, il Decreto per i Giacobiti definiva:

“Nella consacrazione del Corpo del Signore è impiegata questa forma delle parole: ‘Questo è infatti il Mio Corpo’; ma per il Sangue: ‘Questo è infatti il Calice del Mio Sangue, del Nuovo ed Eterno Testamento, Mistero della Fede, che sarà effuso per voi e per molti in remissione dei peccati’...”